25 febbraio 2021

Scienza, società e politica: la nuova alleanza dopo il Covid19

Di Pier Giuseppe Pelicci, Gioacchino Natoli, Ruggero De Maria*

In questo ultimo anno di gestione della pandemia ci siamo abituati a vedere leader politici di tutto il mondo comunicare decisioni a fianco di uno scienziato. Decisioni che hanno un impatto diretto sulla vita e sulla salute di centinaia di milioni di persone ed effetti trasformativi su comportamenti e ricchezza, e che evocano quindi un grande dibattito sui media e tra la gente. La cosa, in sé, non può meravigliarci. Durante una pandemia, la società si aspetta che gli scienziati sviluppino e mettano a disposizione conoscenze di utilità pratica, che i politici prendano decisioni quasi istantanee sulla base dei dati scientifici disponibili, e che la popolazione collabori per minimizzare la diffusione dell’infezione anche a prezzo di sacrifici importanti sul piano economico e della libertà individuale.

Ma ciò può avvenire ad una sola condizione: che si sviluppi una fiducia reciproca tra scienziati, politici e cittadini. Il Sars-CoV-2 è un virus nuovo. Ma a solo un anno dal suo isolamento abbiamo numerosi vaccini la cui somministrazione avanza rapidamente in pressoché’ tutto il mondo. Seppure esista ancora strada da fare per migliorarne l’efficacia, aumentarne il numero e raggiungere tutta la popolazione mondiale, la possibilità che la pandemia sia verso la sua fine è per la prima volta una possibilità concreta.

Come è stato possibile tutto ciò?  La comunità scientifica internazionale ha compiuto uno sforzo di cooperazione e produttività che non ha precedenti. Mai prima d’ora governi e privati avevano investito in sinergia risorse finanziarie e competenze professionali così imponenti in un singolo progetto scientifico.

Ma la nostra speranza è che, per effetto del consolidamento del rapporto di fiducia tra società, mondo scientifico e politica, le conseguenze positive di questo straordinario successo vadano ben oltre l’attuale pandemia. L’accettazione, costantemente in crescita, del consenso della popolazione per la vaccinazione anti COVID-19 è la manifestazione tangibile della fiducia reciproca tra scienza e società civile, con la politica ad esercitare un ruolo di mediazione.

E’ una combinazione che può sembrare ovvia, ma che almeno su questa scala non ha precedenti. La nostra storia è infatti costellata da una lunga serie di esempi di profonda sfiducia nella scienza da parte di vasti settori della società e della politica su questioni altrettanto importanti per il destino dell’umanità, dai cambiamenti climatici agli organismi geneticamente modificati e alla alimentazione. Una crisi di fiducia reciproca che ha creato nella popolazione un sentimento diffuso di diffidenza verso i politici da una parte e verso gli scienziati dall’altra. Diffidenza spesso legata alla percezione di una scarsa affidabilità dell’informazione scientifica a causa di deformazioni dovute a convinzioni politiche o interessi personali da parte degli scienziati.

Grazie alla pandemia COVID-19 la relazione tra scienza, politica e società è ora al centro del dibattito in tutto il mondo. Con alcune luci e alcune ombre. Indubbiamente la pandemia ci ha imposto l’urgenza di prendere decisioni politiche basate sull’evidenza scientifica disponibile.  I risultati sono stati eclatanti. Se quest’approccio diventasse un metodo stabile del governo politico, da solo potrebbe cambiare la storia della civiltà umana. Ma per la sua stessa natura l’evidenza scientifica disponibile è in continua evoluzione e dunque incompleta, imponendo che molte decisioni vengano prese in condizioni di incertezza, spesso generando disaccordo e sfiducia nonché’ una immeritata impressione di inaffidabilità della scienza.

La pandemia ha creato incertezze in ogni aspetto della nostra vita (dal lavoro, alla cura dei nostri cari e all’educazione dei nostri figli). Incertezze che creano instabilità e paura, e aprono inesorabilmente alla sfiducia e alla ricerca di certezze “alternative”, spesso alimentate da disinformazione e fantasiose teorie cospirative.  La teoria del Sars-CoV2 generato da un laboratorio cinese non è diversa, nella sua natura, da quella del sottomarino tedesco come origine del virus della pandemia influenzale del 1918, chiamata “spagnola” sulla base di una fake news propagandistica. La scienza stessa non possiede bacchette magiche in grado di consentire un ritorno immediato alla vita normale. Offre invece risposte basate sulle conoscenze disponibili ad ogni specifico momento e quindi, per la stessa natura del processo scientifico, provvisorie e incomplete. Questa è la natura, straordinaria, della scienza. La scienza si basa sull’accumulo di osservazioni e sulla loro interpretazione. Per quanto i dati siano precisi, la loro interpretazione riflette processi mentali tutt’altro che infallibili. La scienza progredisce per tappe, ciascuna delle quali genera nuova conoscenza e al contempo nuova incertezza, incertezza che diventa la base delle indagini scientifiche successive.

Nel contesto di alcuni fenomeni, e la pandemia è uno di questi, lo scienziato non può fornire certezze assolute ma spesso valutazioni statistiche: non parliamo di certezza di guarigione o di protezione attraverso la vaccinazione ma di probabilità statistica, che fornisce quindi una misura diretta del livello della certezza (o meglio dell’incertezza) della conoscenza. L’inevitabile incertezza della scienza, spesso percepita dal pubblico come un fallimento del processo scientifico, è invece la base del progresso, fornendo la motivazione per l’approfondimento e l’affinamento delle conoscenze. Esiste purtroppo anche il caso dell’incertezza fabbricata ai fini di interessi particolari, che nulla ha a che fare con la scienza. L’esempio più eclatante è la fabbricazione nella mente dei cittadini di controversie che nella comunità scientifica non esistono. Nella maggior parte dei grandi temi (quali clima e vaccini) esiste un largo consenso nella comunità scientifica, consenso basato su dati solidi accumulati negli anni e sottoposti a rigorose analisi. I pochi scienziati che per interessi personali o attitudini protagonistiche manifestano disaccordo, lo fanno più spesso sui media o sui social network piuttosto che nelle opportune sedi scientifiche. Spesso questa situazione viene presentata al pubblico come evidenza dell’esistenza di un dibattito tra parti meritevoli di uguale rappresentanza. Un vecchio trucco. Per decenni, nel secolo scorso, le industrie del tabacco hanno promosso la percezione della assenza di consenso scientifico sui danni causati dal fumo. Questi trucchi minano fortemente la fiducia della popolazione nella scienza, molto più di una comunicazione onesta dei dati scientifici nel loro contesto di incertezza, che ha invece effetti nettamente positivi su un pubblico educato a comprendere la natura del progresso scientifico. In queste relazioni complesse svolgono un ruolo fondamentale i mezzi di comunicazione, che alla informazione rigorosa in alcuni casi antepongono quella emotiva basata  sull’insinuazione di dubbi, incertezze e paura per fidelizzare gli ascoltatori agli sviluppi della discussione. Il mondo dell’informazione dovrebbe altresì comprendere l’importanza di intercettare il pensiero condiviso dalla maggioranza degli scienziati sulla base dei dati disponibili piuttosto che consegnare acriticamente al pubblico opinioni individuali di scienziati spesso non forniti delle necessarie competenze o autorevolezza.

Da qui dobbiamo partire per affrontare le prossime sfide: il rilancio dell’economia, la prossima inevitabile pandemia, la sconfitta delle malattie ancora incurabili e infine l’ambiente, probabilmente la più grande di tutte.  In tutti questi casi, come avvenuto nella gestione della pandemia, scienza e politica dovranno lavorare insieme. Così come è vero che una buona politica dovrebbe fondarsi su una solida evidenza scientifica, è altrettanto vero che l’evidenza scientifica non è sufficiente a garantire la bontà di una scelta politiche. Ed è anche vero che nessuna politica avrà successo se non sarà coerente con la visione di umanità e società che vorremo scegliere. Gli scienziati sono pronti a fare la loro parte.

*Pier Giuseppe Pelicci
IEO e Università di Milano
Alleanza contro il Cancro

Gioacchino Natoli
IEO Milano

Ruggero De Maria
Alleanza Contro il Cancro
Università Cattolica e Policlinico Gemelli di Roma
Italian Institute for Genomic Medicine di Torino

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